La corderia storica abruzzese
Le ragioni di una ricerca
La ricerca che stiamo andando a presentare prende il via quasi inconsapevolmente nell’autunno del 2006, quando ci recammo ad Acerra (NA) ad intervistare uno degli ultimi anziani cordai abruzzesi erede della tradizione cordaia del padre che fu operante a Napoli. La nostra intenzione era quella di raccogliere delle informazioni generali inerenti la storia dei cordai italiani.
Dopo poche battute ci accorgemmo invece che eravamo di fronte ad un testimone diretto del ciclo produttivo storico così come si era praticato sin dal tardo Cinquecento e a seguire fino ad almeno la fine degli anni ’70 del XX secolo: fu in questo periodo infatti che l’ultimo cordaio abruzzese cessò di fabbricare le corde di budello seguendo la procedura storica tramandata per generazioni (Roberto D’Orazio di Salle).
Il Sign Astro Di Russo infatti, pur con alcuni comprensibili ammanchi di memoria, ad un certo punto cominciò ad usare un gergo a noi familiare che si rifaceva direttamente al lontano passato, ai documenti del XVIII secolo. Egli infatti chiamava ancora con il termine di ‘Tempra’ la soluzione alcalina di carbonato di potassio, ‘Scodelle’ i contenitori in terracotta per il budello, ’Pirone’ il bastone di legno a cui vengono fissate al telaio le budella dopo la torsione, ‘’Cannucce’ le mezze canne palustri usate per la sgrassatura eccetera.
Ma quello che apparve molto più interessante fu il fatto che egli era in grado di descrivere nel pratico quello che lui faceva da ragazzino di 8 anni (e poi in in avanti) nella corderia del padre. Si stava aprendo un mondo davvero interessante.
Il maestro cordaio Astro di Russo |
…con il figlio Nicola |
Fino a quel momento infatti l’unico modo per poter tentare di ricostruire il ciclo produttivo storico era basato soltanto sui documenti scritti. Il limite di una fonte del genere in materia di artigianato è evidente, il mondo è pieno ad esempio di libri che spiegano come si deve operare per lucidare a gommalacca un mobile ma da qui a saperlo fare concretamente la strada è assai lunga, per non dire impossibile. Ad esempio nei documenti antichi si descrive il cosiddetto ‘passaggio al ditale’ delle budella. Come avvenga il gesto manuale rimaneva però un mistero, così come rimaneva un mistero come andava realizzato il suddetto ditale e così via per tutte le restanti fasi costruttive. Questo fino al nostro incontro con il Sig. Di Russo.
Ma perché è così importante conoscere il procedimento storico di manifattura delle corde?
Va aperta una breve parentesi: nessuno al giorno d’oggi è in grado di realizzare le corde di budello rispettando tutte le fasi di un tempo (l’esame dei documenti e la loro successiva comparazione ha portato a concludere che la maniera di realizzare le corde di budella, a partire dalla metà del Seicento, seguiva una procedura altamente standardizzata che noi definiamo appunto ‘Metodo Storico’).
Questo in virtù del fatto che apparve a cavallo tra le due guerre un metodo industriale di lavorazione del budello ( introdotto prima dai tedeschi seguito poi dai francesi) il quale abbassava notevolmente i costi di produzione e le pesanti incertezze sulla qualità finale. Si capisce che questo era un vantaggio incredibile per chi doveva produrre corde: ad un intero mese di pesante lavorazione manuale passati costantemente in mezzo ad odori putridi e di faticoso lavoro si sostituiva un modo di realizzare le corde basato su macchine adibite alla levigatura delle corde, soluzioni alcaline costituite da prodotti chimici puri invece della solita cenere di vite dispersa in acqua (liscivio) ed altro ancora.
L’introduzione da una parte delle corde di metallo per gli archi (dal 1920 in avanti) e del Nylon per gli strumenti a pizzico ( a partire dal secondo dopoguerra) fu la mazzata definitiva per la produzione di corde musicali in budello. Nel secondo dopoguerra quella tecnica industriale di lavorazione dei fili o corde di budello servirà tuttavia egregiamente per la fabbricazione di corde per Arpa, di fili da sutura e di corde da tennis. Essa infine fu la stessa che permise la ripresa della Musica Antica.
Ma a questo punto del metodo storico non sopravvisse praticamente nulla; sia perché non vi era ormai più la consapevolezza tipica del passato di come saper distinguere una corda di buona qualità dalle altre (le corde ora vengono fabbricate in modo da essere perfettamente omogenee e rigide da apparire quasi come fili di acciaio e levigate in serie senza alcun criterio di qualità) e sia perché non aveva più senso per i cordai di quel tempo ricorrere ad una metodologia assolutamente obsoleta, lunga e costosa: una volta inventata l’automobile che senso ha andare ancora a cavallo?
La maniera moderna di fabbricare le corde di budello prese dunque rapidamente il soppravvento ovunque: la maggior parte degli operatori del settore acquistava dunque dai trippai il budello già pulito, separato dalle membrane inutili, tagliato in strisce e conservato sotto sale. Nella pratica un buon 50% della fase storica era stata eliminata; il resto (la levigatura manuale) veniva sostituita da macchine levigatrici veloci e precise. Un ciclo produttivo che necessitava di almeno 10 figure professionali specializzate era ora ridottoora a due soltanto: quella che preparava le corde per la fase di torcitura e quella addetta alla levigatura finale. Ora si poteva arrivare a produrre in una sola azienda qualche milione di fili chirurgici all’anno e decine di migliaia di corde musicali a costi notevolmente ridotti, soprattutto per l’utenza finale.
La conclusione fu che nessuno già intorno al 1970 era più in grado di ricostruire (o anche solo ricordare!) tutte le fasi manifatturiere tipiche del passato. Qualcosa insomma sembrava definitivamente perso per sempre fino appunto al nostro incontro del 2006 nel quale però arrivammo rapidamente ad alcune conclusioni:
1) Potrebbe non essere vero che siamo giunti troppo tardi a salvare il ciclo produttivo storico: potrebbe esistere ancora qualche altro anziano cordaio che da giovane realizzò le corde musicali secondo il criterio storico.
2) Se il punto 1 è vero allora bisogna muoversi rapidamente prima che gli ultimi anziani eredi dell’arte cordaia scompaiano del tutto.
Dopo uno scambio di punti di vista con il figlio del Sign Astro, Nicola, arrivammo a concudere che dell’intera penisola italiana era rimasta soltanto una ristretta zona territoriale dove qualcosa dell’antica tradizione poteva essere ancora ricordata: l’Abruzzo, e precisamente i paesi di Salle, Musellaro e Bolognano: lì concentrammo i nostri sforzi nella speranza di non essere giunti troppo tardi.
Fummo fortunati.
Mimmo Peruffo & Daniela Gaidano 2010